Il parco alla Maddalena sacrificato all'avanzare della civiltà del cemento

di Nico Zuffi (Il Piccolo, Segnalazioni,
17 maggio 2008)

L'abbattimento delle foreste primarie della fascia tropico-equatoriale pare incrementarsi anziché arrestarsi di fronte al progressivo decadimento del livello di respirabilità e salubrità dell'aria. I residui dei boschi planiziali della Pianura padana sono ormai pezzi da museo. I campi coltivati destinati all'agricoltura si riducono al ritmo di centinaia o forse migliaia di ettari al giorno e le città sono assediate da capannoni industriali, autostrade, centri commerciali e annessi megaparcheggi asfaltati, così da rendere il passaggio da una città all'altra un tutt'uno senza soluzione di continuità.

È sufficiente fare un breve percorso da Capodistria a Tricesimo, via Gradisca-Udine, per avere una campionatura dei danni fatti all'ambiente in questi ultimi 20 anni. A Trieste sembra si stia seguendo la stessa filosofia.

L'abbattimento di alberi a volte secolari è ormai all'ordine del giorno. Fanno testo le stragi compiute a Roiano, piazza Vittorio Veneto e S. Giacomo, e la recente distruzione del parco della Maddalena, una parte dell'efficientissimo sistema di polmoni verdi per combattere l'inquinamento urbano senza alcuna spesa e rendere più vivibile la città.

Mentre la mano destra, dopo anni di abbandono, opera per recuperare e conservare il complesso dell'Opp di S. Giovanni, la mano sinistra provvede a cementifìcare con insolita rapidità ed efficienza il parco che dava respiro al complesso della Maddalena.
Un buon architetto urbanista, opportunamente sensibilizzato, avrebbe dovuto valorizzare le future edificazioni approfittando e rispettando gli elementi arborei presenti sul sito, come è già stato fatto in innumerevoli parti del mondo. L'eventuale reimpianto di nuovi alberi potrà dare gli stessi benefici fra 30 anni. Troppo tardi!
A Grignano c'è un ristorante con un albero nel mezzo della sala da pranzo. Si potrebbe tagliare per ricavare un posto a sedere in più. A casa mia un condomino in assemblea ha chiesto che venga tagliato un cedro deodara perché crescendo ormai gli toglie la vista mare. E avanti così. Già che ci siamo, propongo di fare un bel «repulisti» del Giardino pubblico e farne una spianata di cemento con sottostante parcheggio interrato da 2000 e più posti auto.
La progettazione potrebbe essere affidata a Calatrava che, grato per la generosa commessa, potrebbe offrirci come omaggio il progetto per il nuovo ponte da costruirsi su Canale di Ponterosso.

Allora, tutori del verde pubblico (se ci sono), fatevi da parte e lasciamo avanzare la civiltà del cemento e dell'asfalto, tanto poi quando la Terra sarà completamente desertificata avremo i mezzi per trasferirci su Marte, pianeta notoriamente ricco di lussureggiante vegetazione. Ma nel frattempo ci saremo abituati a vivere in beauty farm sotterranee dove poter respirare buon ossigeno dalle bombole.