L'abbattimento
delle foreste primarie della fascia tropico-equatoriale
pare incrementarsi anziché arrestarsi di fronte
al progressivo decadimento del livello di respirabilità e
salubrità dell'aria. I residui dei boschi planiziali
della Pianura padana sono ormai pezzi da museo. I campi
coltivati destinati all'agricoltura si riducono al ritmo
di centinaia o forse migliaia di ettari al giorno e le
città sono assediate da capannoni industriali,
autostrade, centri commerciali e annessi megaparcheggi
asfaltati, così da rendere il passaggio da una
città all'altra un tutt'uno senza soluzione di
continuità.
È sufficiente
fare un breve percorso da Capodistria a Tricesimo, via
Gradisca-Udine, per avere una campionatura dei danni
fatti all'ambiente in questi ultimi 20 anni. A Trieste
sembra si stia seguendo la stessa filosofia.
L'abbattimento
di alberi a volte secolari è ormai all'ordine
del giorno. Fanno testo le stragi compiute a Roiano,
piazza Vittorio Veneto e S. Giacomo, e la recente distruzione
del parco della Maddalena, una parte dell'efficientissimo
sistema di polmoni verdi per combattere l'inquinamento
urbano senza alcuna spesa e rendere più vivibile
la città.
Mentre la mano destra, dopo anni di abbandono, opera
per recuperare e conservare il complesso dell'Opp di
S. Giovanni, la mano sinistra provvede a cementifìcare
con insolita rapidità ed efficienza il parco che dava respiro al complesso
della Maddalena.
Un buon architetto urbanista, opportunamente sensibilizzato, avrebbe dovuto
valorizzare le future edificazioni approfittando e rispettando gli elementi
arborei presenti sul sito, come è già stato fatto in innumerevoli
parti del mondo. L'eventuale reimpianto di nuovi alberi potrà dare gli
stessi benefici fra 30 anni. Troppo tardi!
A Grignano c'è un ristorante con un albero nel mezzo della sala da pranzo.
Si potrebbe tagliare per ricavare un posto a sedere in più. A casa mia
un condomino in assemblea ha chiesto che venga tagliato un cedro deodara perché crescendo
ormai gli toglie la vista mare. E avanti così. Già che ci siamo,
propongo di fare un bel «repulisti» del Giardino pubblico e farne
una spianata di cemento con sottostante parcheggio interrato da 2000 e più posti
auto.
La progettazione potrebbe essere affidata a Calatrava che, grato per la generosa
commessa, potrebbe offrirci come omaggio il progetto per il nuovo ponte da
costruirsi su Canale di Ponterosso.
Allora, tutori del verde pubblico (se ci sono), fatevi
da parte e lasciamo avanzare la civiltà del cemento e dell'asfalto, tanto poi quando la
Terra sarà completamente desertificata avremo i mezzi per trasferirci
su Marte, pianeta notoriamente ricco di lussureggiante vegetazione. Ma nel
frattempo ci saremo abituati a vivere in beauty farm sotterranee dove poter
respirare buon ossigeno dalle bombole.